OSSERVATORIO MADONNA DELLE ASSI – Angelo Nocent

CON LA PASSIONE DELL’ASTRONOMO

Osservatorio Madonna delle Assi

Ho trascorso l’estate con il mio telescopio puntato su Nazareth, questo firmamento di luce e di mistero. Ciò che segue ha la sola pretesa di stuzzicare l’appetito mio e di chi legge, sui giorni di Gesù, così adorabilmente Uomo e così misericordiosamente Dio, nel più sperduto angolo di questo povero e meraviglioso pianeta. Qui infatti è avvenuto il mirabile scambio: la discesa di Dio nell’umanità e l’ascesa dell’umanità fino a Dio. Ma Nazareth è più di un luogo geografico: è anche un fuoco penetrante, una nostalgia che lo Spirito mette nel cuore a chi prova a varcare la soglia della casa di Maria.

ASTRONOMO – Chiariamolo subito: astronomia e astrologia camminarono di pari passo per molti secoli, finché i progressi scientifici della prima non permisero di guardare all’astrologia per quello che realmente era: una superstizione basata su credenze errate, come quella che la Terra sia al centro del Cosmo. Quali sono i requisiti per diventare astronomo? Nessuno in particolare, solamente passione e predisposizione a…Ma cosa fa l’astronomo? Posa lo sguardo sul firmamento e, per vedere meglio, usa il telescopio. Perché la Madonna delle Assi? Metafora e similitudine insieme: l’edificio funge da osservatorio e specola; il potente telescopio sono le Scritture. Ma anche Maria che in ciascuno genera ancora una volta Gesù, il Vivente. Non una sua immagine ma un contemporaneo. E ci educa all’incontro personale con Lui.

Madonna delle Assi

IL POETA ALDO PALAZZESCHI – Ricordate “Rio Bo”? Tre casettine dai tetti aguzzi…Microscopico paese da nulla…ma però… c’è sempre di sopra una stella, una grande, magnifica stella…Una stella innamorata! Chi sa se nemmeno ce l’ha una grande città”. Già: chissà! Per noi la “grande, magnifica stella innamorata” è Colei che da secoli viene invocata come Stella Matutina: un segno del giorno che viene, una promessa di luce abbagliante, annuncio della nuova alba di salvezza. La Vergine è stella del mattino, non per se stessa, ma perché è il limpido e ben augurante riflesso del Redentore che viene a rischiarare la nostra oscurità. Un Cristo da annunciare, da sentire nel cuore. Ma che tocca anche la testa, le mani. Papa Francesco: “Guardate che il nostro Dio non è un Dio spray”.

IL POETA GIUSEPPE UNGARETTI – Della nostra letteratura novecentesca mi colpisce la poetica del vate che fu soldato sul Carso nella Grande Guerra. E’ da brivido quel Cristo, pensoso palpito, / Astro incarnato nell’umane tenebre, / Fratello che t’immoli / Perennemente per riedificare / Umanamente l’uomo… /
Da quando frequento con più vivo interesse il nostro piccolo santuario, mi scopro con la passione dell’astronomo che ha scelto di fissare qui, nel verde dei prati e nel silenzio che o avvolge, il suo osservatorio.

Al momento il mio telescopio è puntato principalmente su due punti: “Astro incarnato nell’umane tenebre”, questo canto di disperato, fiducioso amore di Ungaretti per CRISTO e sulla Stella Matutina MARIA DI NAZARETH, Madre di Dio e della Chiesa, “una grande magnifica stella…Una stella innamorata!”. E’ una provocazione: riflettere sulla perenne attualità dell’Avvento (= venuta, arrivo, attesa) : “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 49,6).

Si vive in un’epoca di dubbi crescenti, di incertezza su come trasmettere la fede. Forse servirebbero “Sovrumani silenzi, e profondissima quiete…” (Leopardi). Prediligo LE ASSI perché ci sono entrambi gli ingredienti. Luogo speciale, riservato, qui puoi diventare bambino, cantare la tua gioia, gridare il tuo dolore, piangere le tue amarezze, farti pensante, metterti in ascolto…Puoi coltivare la preghiera del cuore:Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me, peccatore” e dirla ad alta voce. Formulata e riformulata al ritmo dei battiti cardiaci, della respirazione, vieni pervaso dell’energia divina, al solo pronunciare il nome di Gesù. Qui, niente riflettori né occhi indiscreti; sicuro di non essere udito né giudicato se non dal Cielo.

Dire Nazareth equivale ad affermare che Gesù si è realmente incarnato. Se Dio è diventato uomo nascendo dalla Vergine, si deve aggiungere che si è fatto uomo vivendo a Nazareth. Qui è avvenuto l’incontro decisivo della storia, tra il “” di Dio e il ”” dell’umanità nella persona di un’adolescente: Maria. In questo preciso punto geografico Dio “venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria” Gv 1,14). Perciò Nazareth è la scuola d’iniziazione alla comprensione della vita di Gesù. Il quale, ci ha messo trent’anni per imparare ad essere un figlio degli uomini; tre anni per insegnarci ad essere figli di Dio. Qui, in mezzo a questa polvere, ha corso, giocato, pianto. Da qui ha contemplato le stelle e quel firmamento che fino ad allora aveva “guardato dall’alto”. Lavorava in bottega con suo papà Giuseppe, aiutava mamma Maria in casa, andava al mercato, parlava con i vicini di casa, nessun segno di messianicità durante gli anni della sua giovinezza. Né sacerdote né rabbino, non ha seguito neppure il Battista nel deserto. Questo era Gesù di Nazareth!

E lei? Sposa di un modesto artigiano, è a Nazareth che Maria ha trascorso i giorni luminosi e incantati della sua purissima giovinezza; qui ha gustato le gioie della vita familiare; penso a Giuseppe: qui ha provato anche l’amarezza della separazione che la morte inevitabilmente impone. E’ qui che Maria ha conosciuto la dura legge del lavoro. Non ci si pensa, ma quello domestico riservato allora alla donna ebraica era faticoso: fare il bucato senza lavatrice, attingere acqua al pozzo, seguire (e forse anche zappare) l’orto, far legna da ardere, macinare il grano con due pietre, impastare il pane, cuocerlo nel piccolo forno domestico, combinare pranzo e cena; filare la lana e il lino, tessere con il minuscolo telaio domestico, confezionare abiti per tutti…(Gv 19,23). Quella di Maria è stata una vita laboriosa. Non era sempre assorta e in estasi, come appare nell’iconografia, bensì una contemplativa nell’azione fatta di tanta e silenziosa fatica quotidiana.

L’annuncio dell’angelo non è una curiosa e suggestiva storia che ci tramandiamo ma un mistero di luce, una profezia, (come del resto lo è tutta la Scrittura) che viene ad illuminare la nostra vita ma che non si finirà mai di esplorare, di comprendere. Quel fatto ci rivela ciò che avviene oggi, ciò che avverrà sempre: ci saranno sempre appelli, vocazioni, incontri, annunciazioni ed è tramandato per aiutare ciascuno a riconoscere la sua chiamata. Appelli e risposte, angeli, messaggeri e apparizioni che la Scrittura ci aiuta a identificare. Dunque, nessuno si meravigli: noi tutti nella vita possiamo avere ed abbiamo annunciazioni. Solo che ad una certa età o in un dato momento, si comincia ad avvertire di essere sempre più inutili: forze che diminuiscono, riflessi assopiti, ridotto tono dell’umore, voglia di vivere sì e no… C’è un antidoto? Attivare le antenne: una nuova chiamata o vocazione può ancora raggiungerci, impedendoci di immalinconire ed intristire. Ecco perché un giorno mi sono messo in mente di fare l’astronomo.

A chi devo l’incitamento? Ad una “annunciazione” avvenuta proprio in questo luogo sacro, un tempo visitato da Maria e da allora rimasta sempre lì a disposizione. No, nessuna visione, nessun angelo con ali e penne o vestito da passante. Solo una voce, un appello, nel silenzio del cuore a cuore. Me lo sono chiesto tante volte: da che cosa Maria ha riconosciuto l’angelo? Come è giunta alla certezza che quel messaggio veniva da Dio? E’ domanda legittima: da che cosa potrei riconoscere un angelo? Da che cosa riconoscere che un pensiero, un incontro, un avvenimento vengono da Dio? E’ un problema vitale, lo stesso che dovette risolvere Maria. Lei come ha fatto? Così: “Ella non capiva ciò che egli diceva, ma conservava tutte quelle cose e se le ripeteva nel cuore” (Luca 2,51).

In presenza di una parola di Dio, ci sono due attitudini pericolose: quella di rifiuto o del lasciar perdere perché non ci si vede chiaro; l’altra, dell’evidenza, di capirci tutto, della non-meraviglia e dello scontato. Colta da stupore, Lei non si è lasciata indurre a credere immediatamente. Ha riflettuto, si è interrogata, ha messo in questione questa vocazione straordinaria: “Come! Ha guardato a me che sono niente”? (Lc 1,48). Tutto avviene nel tempo, col tempo, mettendovi del tempo, perché il discernimento non funzione come il caffè liofilizzato istantaneo ma è un dono dello Spirito di Dio che si unisce al nostro spirito, e come tale va desiderato e invocato. La sua familiarità con le Scritture l’ha aiutata molto. Tutti i testi di Luca come anche di Matteo, sono citazioni di profeti ed il Magnificat ci dice come Maria vedeva la sua vocazione: nella linea di tutti quei poveri, di tutte quelle fecondità che l’avevano preceduta. Infine, ogni vocazione avviene non tanto per scelta ma per accettazione di una chiamata dall’alto, nel consenso quotidiano di un destino che oltrepassa la nostra previsione e immaginazione. Bene: l’osservatorio Madonna delle Assi è entrato in funzione quando ho pigiato il pulsante “Eccomi!”.

Madonna delle Assi

Questo luogo rappresenta per me un’oasi: la mia piccola Nazareth di elezione, a quattro passi da casa. L’istintiva inclinazione a indagare, qui ha trovato linfa. Mi ha influenzato perfino il canale Vacchelli che ne bagna le sponde, richiamandomi quel fiume Giordano che accompagna tutta la storia d’Israele, fiume sacro che separa la terra promessa dal deserto. E poi, evocazione del fonte dove Gesù, nuovo Giosuè, ha ricevuto il battesimo dal Battista, aprendo così un capitolo nuovo della Redenzione: “Appena battezzato, Gesù usci dall’acqua. All’improvviso il cielo si aprì, ed egli vide lo Spirito di Dio il quale, come una colomba, scendeva su di lui. E dal cielo venne una voce: ‘Questo è il Figlio mio, che io amo. Io l’ho mandato” (Matteo 3:13-17). La spinta finale me l’ha data il Salmo 18 che invito a leggere per intero sulla Bibbia perché il salmista indica almeno quindici buoni motivi per diventare astronomi, ossia contemplativi: “Narrano i cieli la gloria di Dio, il firmamento annunzia l’opera delle sue mani…” (18,2).

Madonna delle Assi

Concentrarmi sulla pagina dell’Annunciazione, rivedere il film-capolavoro dell’evangelista Luca è stato ed è sempre – so di dire una banalità – come stappare una bottiglia di buon vino d’annata e centellinare. La trama è arcinota: “Quando Elisabetta fu al sesto mese, Dio mandò l’angelo Gabriele a Nazareth, un villaggio della Galilea” (Lc 1,26). Ma ogni volta riserva sorprese, inaspettate annunciazioni provocate da questo infinito Mistero di luce. Ora fateci caso: sopra il presbiterio del santuario, nel riquadro dove attualmente campeggia un crocifisso ligneo, si notano tracce di azzurro. Mi fa pensare che alle origini, circondata da una sontuosa cornice pittorica che in parte ancora sussiste, campeggiasse una Annunciazione, andata perduta. Con un fotomontaggio ho provato a ricollocarvi quella famosa di Guido Reni e ci sta benissimo. Epperò, scomparsa dalla parete, l’Annunziata sembra aver voluto consolidarsi nel bianco marmo che ora reggere la mensa dell’Altare, quasi a farne un visibile tutt’uno con il Mistero Pasquale.

Devo concludere. Ungaretti preannunciava il suo ritorno alla fede con testi scanditi da affermazioni struggenti che fanno bene anche a noi: “E Tu non saresti che un sogno, Dio?” O l’altra, riferita alla nostalgia di eterno presente in ogni cuore: “In noi sta e langue, piaga misteriosa”. Riprendo l’iniziale struggente invocazione al Figlio di Dio, fatto uomo per noi:Cristo, pensoso palpito, / Astro incarnato nell’umane tenebre, / Fratello che t’immoli / Perennemente per riedificare / Umanamente l’uomo, / Santo, Santo che soffri, / Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli, / Santo, Santo che soffri / Per liberare dalla morte i morti / E sorreggere noi infelici vivi, / D’un pianto solo mio non piango più, / Ecco, Ti chiamo, Santo, / Santo, Santo che soffri”.

Buona immolazione ! Angelo Nocent