PER FARE UN UOMO CI VUOLE UN FIORE – Angelo Nocent

MADONNA DELLE ASSI

PER FARE UN UOMO CI VUOLE UN FIORE

Tempo fa, durante una breve visita al SS. Sacramento nella nostra chiesa parrocchiale, mi s’è infilato nella mente un pensiero sempre più incalzante, fino è diventare un chiodo fisso, una domanda provocatoria. Mi chiedevo perché vi fossa così scarsa attenzione da parte della comunità muccese verso San Giuseppe, il marito della Madonna e patrono della Chiesa universale. Tra i tanti santi di ieri e di oggi che spopolano, di lui non un quadro, un affresco, un’effigie…E poi, al di là della memoria nelle feste comandate, nessuna attrazione. Tra me e me concludevo che ormai l’epoca in cui, magari durante la Messa in latino, la pietà popolare, mia nonna, mia mamma… con le Massime Eterne consunte dall’uso, si soffermavano sui “SETTE DOLORI E LE SETTE ALLEGREZZE” del “glorioso Giuseppe” era definitivamente sepolta. In verità è sopravvissuto l’ “A TE O BEATO GIUSEPPE” di Leone XIII, ma il rischio che finisca nel dimenticatoio è incombente. Nostalgia? Nessuna. Ma…

Mentre andavo ruminando queste considerazioni, dall’altare maggiore mi trasferisco a quello della Madonna. La guardo…la contemplo…la ammiro…Poi un brusco risveglio, una sorpresa che sa di “visione”, come di risposta a tutte le mie elucubrazioni: da quando frequento la parrocchia per la prima volta mi accorgo che alla sinistra del suo altare c’è una nicchia per il marito, che non avevo mai notato e, nell’incavatura, un meraviglioso San Giuseppe che se ne sta lì, statuario, nella penombra, con il suo bel giglio in una mano, non a memoria di una forzata e subìta imposizione di castità, ma perché “eunuco per il Regno dei cieli” (Mt 9,19), ossia per amore. E mi sovviene il Grande Isaia: «Non dica l’eunuco: Ecco, io sono soltanto un albero secco.» (Is 56,3-5).

La prossima volta che entrate in chiesa, fateci caso: è davvero un bel papà, con un Bambino ancor più bello in braccio, proprio di fianco all’altare della sua Maria, inseparabili. Taciturno? Dormiente? Direi riservato ma sveglio, vigilante. La sua per gli abitanti è una presenza vigile, provvida e operosa, in vita e in morte, discreta, silenziosa, diuturna, per tutti, ma senza dare nell’occhio. E’ così da sempre e sono quasi certo che gli avi, riconoscenti, un tempo ne portassero il simulacro in processione. Oggi, sempre più orfani di genitori vivi, mi piacerebbe che fossero i giovani a riprendere l’iniziativa di mettere in circolazione Giuseppe, il papà di Gesù, marito della sua mamma Maria e di entrambi fossero loro a tessere e cantarne le lodi.

Contrariamente al passato, grazie agli ultimi studi storici, si è propensi a credere che Giuseppe doveva essere un uomo giovane, con qualche anno in più di Maria, forse sui 18, 20 anni. Se così fosse, dovrebbe far riflettere il fatto che Dio affidi suo Figlio e il destino della salvezza dell’umanità a quei due giovani e inesperti di un paese sconosciuto. E’ utopia pensare che Dio affidi anche il nostro futuro in mani giovanili per costruire una società più giusta, più umana? Questo modello di lavoratore, di marito, di padre e di uomo docile e sottomesso allo Spirito, merita maggior attenzione. Egli è uno che non ascolta la paura ma la affronta e all’avventura cui è chiamato dice decisamente sì. Non da incosciente, ma perché ha il cuore aperto al mistero, all’amore, a Dio che gli parla nel sonno tramite il Messaggero. Visto da vicino, lui è un lavoratore precario che vive di ciò che gli commissionano di giorno in giorno, come accade oggi a molti lavoratori, privi della sicurezza dello stipendio fisso. Ha provato l’ansia del domani, l’amarezza della povertà, la durezza del vivere da profugo in Egitto. E se Maria su di lui può fare affidamento è perché sa fare famiglia, vero padre anche se non è il genitore. Generare un figlio è facile. Ma l’avventura comincia quando vuoi essergli padre e madre, amarlo, educarlo, farlo crescere, farlo felice, insegnargli il mestiere di uomo.

Mirabile il ritratto che ne fa il santo papa Paolo VI: “Che cosa allora scorgiamo nel nostro caro e modesto personaggio?

  • Vediamo una stupenda docilità, una prontezza eccezionale d’obbedienza ed esecuzione.

  • Egli non discute, non esita, non adduce diritti od aspirazioni.

  • Lancia se stesso nell’ossequio alla parola a lui detta;

  • sa che la sua vita si svolgerà come un dramma, che però si trasfigura ad un livello di purezza e sublimità straordinarie: ben al di sopra d’ogni attesa o calcolo umano.

  • Giuseppe accetta il suo compito, perché gli è stato detto: «Non temere di prendere Maria quale tua sposa, poiché quel che è nato in lei è opera dello Spirito Santo».

NUOVO STUPORE ALLE “ASSI” – Dopo la prima scoperta in parrocchia, m’era nata una crescente curiosità: rinvenire tracce del mio bel San Giuseppe anche nel santuario delle Assi. Alle prime ispezioni, nessun indizio. Il primo Maggio però, festa di San Giuseppe lavoratore, dal pulpito vengo a sapere che quell’affresco collocato sulla parete destra, proprio sopra i lumini devozionali, staccato da un qualche muro e incorniciato, è San Giuseppe, quello che io avevo sempre confuso, non so perché, con un San Cristoforo intento a traghettare un bambino, aiutato da un angelo.

Una volta però mi capita di entrare nel santuario con l’allarme disattivato sul presbiterio e così colgo l’occasione per fotografare le miniature che popolano l’abside e la cupola. Ulteriore sorpresa! Mi si affacciano quattro icone che hanno un collegamento con il parentado di Nazareth:

  • GIOACCHINO, il papà di Maria e nonno di Gesù;

  • ANNA, la mamma di Maria e nonna di Gesù;

  • LO SPOSALIZIO al Tempio di MARIA e GIUSEPPE;

  • IL PIO TRANSITO di GIUSEPPE, assistito da Gesù e Maria.

Caspita! Esulto. Perché in quel concentrato d’arte e di fede non poteva mancare proprio lui, il grande GIUSEPPE, per secoli il dimenticato dalla chiesa delle origini, assorbita completamente da importanti controversie cristologiche.

COLPO DI SCENA – La devozione di SANTA TERESA D’AVILA per San Giuseppe fu introdotta in Francia dai carmelitani scalzi nel XVII e XVII secolo. Francesco di Sales, gesuiti e francescani dettero man forte. La mistica spagnola, che fa breccia ancora oggi, diceva: “Chi vuole un maestro che gli insegni a pregare, prenda questo santo come guida e non potrà scagliare”. Ma per lei la sua protezione si estendeva su ogni piano dell’esistenza: “Ad altri santi nostro Signore ha dato il potere di essere d’aiuto in determinate circostanze, ma questo glorioso santo, come ho sperimentato, aiuta in qualsiasi necessità. Non ricordo di avergli mai chiesto qualcosa senza averlo ottenuto”.

19 MARZO 2013 – Nella Solennità di San Giuseppe, Papa Francesco celebrava la Messa di inizio del ministero petrino. Una data scelta non a caso dal Pontefice che, nello sposo della Vergine Maria, ha sempre visto la fortezza e la sapienza di Dio:Io amo molto San Giuseppe perché è un uomo forte e silenzioso. Sulla mia scrivania ho un’immagine di San Giuseppe mentre dorme e quando ho un problema o una difficoltà io scrivo un biglietto su un pezzo di carta e lo metto sotto la statua di San Giuseppe affinché lui possa sognarlo.

Ora consideriamo il secondo aspetto: “alzarsi con Gesù e Maria”. Questi preziosi momenti di riposo, di pausa con il Signore in preghiera, sono momenti che vorremmo forse poter prolungare. Ma come san Giuseppe, una volta ascoltata la voce di Dio, dobbiamo riscuoterci dal nostro sonno; dobbiamo alzarci e agire come famiglie (cfr Rm 13,11). La fede non ci toglie dal mondo, ma ci inserisce più profondamente in esso.“

Casa Santa Marta – 20 Marzo 2017 – Papa Francesco:Io oggi vorrei chiedere, (che San Giuseppe) ci dia a tutti noi la capacità di sognare perché quando sogniamo le cose grandi, le cose belle, ci avviciniamo al sogno di Dio, le cose che Dio sogna su di noi.

Che ai giovani dia – perché lui era giovane – la capacità di sognare, di rischiare e prendere i compiti difficili che hanno visto nei sogni. E ci dia a tutti noi la fedeltà che generalmente cresce in un atteggiamento giusto, lui era giusto, cresce nel silenzio – poche parole – e cresce nella tenerezza che è capace di custodire le proprie debolezze e quelle degli altri”.

Dopo le parole del Papa ogni commento mi pare superfluo. Epperò, ancora una confidenza. “Se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio” (2Cor 12,3), ad un certo momento di questo mio itinerario tra il reale e il fantastico, finisco per trovarmi nella bottega del Carpentiere di Nazareth. Era mia intenzione intervistarlo. Ma… non ho osato e sono rimasto in silenzio a osservare. Lui era intento a piallare. Nell’aria un profumo di resine. I trucioli che cadevano a terra, lungo il volo emanavano le essenze del legno. Ma non era solo: sotto il bancone di lavoro c’era il piccolo Gesù, intento a pestare una tavola col martello per imitare il babbo. E intanto canticchiava una canzone mozzafiato della mia giovinezza: “Per fare un tavolo ci vuole il legno. Per fare il legno ci vuole l’albero. Per fare l’albero ci vuole il seme. Per fare il seme ci vuole il frutto. Per fare il frutto ci vuole il fiore. Ci vuole un fiore, ci vuole un fiore. Per fare un tavolo ci vuole un fiore…” .

E ancora: “Per fare un fiore ci vuole un ramo. Per fare il ramo ci vuole l’albero. Per fare l’albero ci vuole il bosco. Per fare il bosco ci vuole il monte. Per fare il monte ci vuol la terra. Per far la terra ci vuole un fiore. Per fare tutto ci vuole un fiore”.

Così ho captato un ulteriore significato della rosa che Maria, col Bambino in braccio, tiene in mano: per fare di Dio un uomo ci vuole un fiore. Il Padre celeste per darci Gesù, ha scelto una rosa. Il nome della rosa? Maria di Nazareth.

Angelo Nocent