LA STRAGE DI PARIGI – PER NON PERDERE LA TESTA – Angelo Nocent

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Valeria Solesin, 28 anni, originaria di Venezia, si era diplomata nel 2006 al liceo scientifico Benedetti del capoluogo veneto. Laureatasi a Trento, si era trasferita a Parigi dove viveva ormai da quattro anni come uno dei tanti cervelli in fuga. Dottoranda in demografia nella prestigiosa Università della Sorbona, studiava sociologia e si occupava di temi legati alla famiglia e ai bambini.

In pochi anni aveva già pubblicato alcuni saggi raccogliendo tra l’altro interviste ed entrando anche nello specifico di alcune realtà cittadine molto diverse tra l’Italia frammentata in tanti comuni grandi e piccoli e la Francia con Parigi catalizzatrice della comunità transalpina. La madre ha ricordato la sua esperienza con i clochard di Parigi, «per conoscere tutte le sfaccettatura di una realtà che andava a studiare e frequentare». In passato aveva lavorato anche come volontaria per Emergency.

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L’ARCIVESCOVO DI PARIGI

Non farsi trascinare in una guerra di religione. È questo il messaggio dell’arcivescovo di Parigi, che stasera celebrerà la Messa per le vittime, per le loro famiglie e per la Francia nella cattedrale di Notre Dame alle 18,30. Il cardinale André Vingt-Trois rivela che venerdì sera, mentre nelle vie intorno alla Cattedrale si consumava l’orribile massacro, ha cercato Dio, gli ha chiesto di dare ai francesi «la consapevolezza che Lui c’è, che l’uomo non è solo neanche quando si trova davanti alla catastrofe e questa non sembra offrirgli alcuno scampo». E oggi ammonisce: non si ceda alla tentazione dell’odio.

Eminenza, il suo Paese è in guerra. Una parola durissima, inappellabile per una coscienza cristiana, ma che in queste ore viene ripetuta da tutti, a tutti i livelli. Cosa fa il pastore di un popolo in guerra?

Cerca innanzi tutto di consolare chi è scosso dai morti e dal dolore, ben sapendo che quelle provocate dagli attacchi terroristici di venerdì sera sono ferite molto profonde che incidono la carne della popolazione francese, ferite che richiedono tempo per rimarginarsi. Di fronte a una simile violenza, la Chiesa può e deve cercare di lenire il dolore, soprattutto esprimere la fede che consente di superare queste ore difficilissime. Oggi siamo costretti a contare un numero immenso di morti, è vero, ma, guardando al futuro, nessuno dei vivi dovrà rimanere vittima dell’odio e della paura.

Mentre i terroristi sparavano e la gente chiedeva aiuto, nel buio di venerdì sera, Lei ha chiamato Dio?

L’ho cercato e l’ho pregato. Tanto. Ho implorato che infondesse nelle persone ferite la consolazione della sua presenza e che accendesse la consapevolezza che Lui c’è, che l’uomo non è solo neanche quando si trova davanti alla catastrofe e questa non sembra offrirgli alcuno scampo. Pregavo che ci infondesse attraverso la fede la certezza che tutte le sofferenze che ci venivano imposte in quelle lunghissime ore, magari incomprensibili oggi, non erano e non sono vane, e gli chiedevo che tutta la popolazione rimasse unita in questo dolore.

E questa consapevolezza attecchisce veramente nei francesi?

La popolazione parigina, i francesi e penso anche gli europei, di tutte le religioni, comprendono che proprio in questi frangenti vi è un dovere universale alla solidarietà. Le reazioni di queste ore sono incoraggianti: la gente sta rispondendo con moderazione e temperanza, comprende che piegarsi alla logica dell’odio significa fare il gioco di chi semina morte e distruzione, anche sfruttando, è chiaro, la religione, strumentalizzando la fede di quei credenti che si lasciano monopolizzare. Questa sfida, come stanno ripetendo le stesse autorità civili, si supera non cedendo alla tentazione dell’odio e evitando di farci trascinare in una sorte di guerra di religione. Non stanchiamoci di ripeterlo.

Ne ha già parlato con le autorità islamiche?

Non ancora, è opportuno superare queste ore di lutto e di emozione e ci vorrà un po’ di tempo, ma bisognerà mettere progressivamente alla prova i nostri legami e disporci sul cammino della fraternità.

Si aspetta una risposta forte dei musulmani francesi?

Il Consiglio francese per il culto musulmano ha espresso il suo rifiuto per l’azione terroristica e penso che continuerà a farlo.

Non teme che il fondamentalismo islamico riesca ad alimentare reazioni di xenofobia, a scardinare la cultura della tolleranza che è un patrimonio francese, che cioè l’odio si incisti nella società francese, mutandone il Dna e, a quel punto, rendendo veramente molto difficile questo dialogo?

Il dialogo non si alimenta solo di tolleranza, la quale peraltro non è un valore supremo, mentre lo è il rispetto dell’altro, la ricerca della giustizia, lavorare per la pace… Gli attentati vogliono scardinare questi valori supremi. Tuttavia, mi sembra che i francesi siano attrezzati per non farsi strumentalizzare.

Non hanno bisogno di essere aiutati?

Certo, e la solidarietà europea è scattata senza esitazione, confermando una linea di condotta – essere fermi nella difesa della nostra dignità e dei nostri valori – e una compattezza che deve essere di sprone ai francesi, seppur nel legittimo choc di queste ore, per proseguire senza sbandamenti nel cammino di pace e di fede. Sono convinto che la Francia avrà la grazia di superare questa prova con un cuore fermo e senza odio, anche se ciò domanderà del tempo.

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Ai cattolici di Parigi
Parigi, il 10 gennaio 2015

Il nostro Paese, la nostra città di Parigi in particolare, sono stati questa settimana teatro di violenze e di barbarie senza precedenti. Da molti anni, per noi, la guerra, la morte era sempre altrove, anche se in quel periodo, soldati francesi erano impegnati in diversi Paesi per cercare di portare un po’ di pace. Alcuni l’hanno pagato con la loro vita.

Ma la morte violenta si è autoinvitata all’improvviso. In Francia e ben oltre i nostri confini, tutti sono sotto choc. La maggior parte dei nostri concittadini hanno vissuto questa situazione come un appello a riscoprire un certo numero di valori fondamentali della nostra Repubblica, come la libertà di religione o la libertà di opinione. Gli assembramenti spontanei di questi ultimi giorni sono stati caratterizzati da un grande raccoglimento, senza manifestazione di odio né di violenza. La tristezza del lutto e la convinzione che noi abbiamo qualcosa da difendere insieme uniscono i francesi.

Una caricatura, anche di cattivo gusto, una critica anche gravemente ingiusta, non possono essere messe sullo stesso piano di un omicidio. La libertà di stampa è, a qualunque costo, il segno di una società matura. Che uomini nati nel nostro Paese, nostri concittadini, possano pensare che la sola risposta giusta ad uno scherno o ad un insulto sia la morte dei loro autori, mette la nostra società davanti a gravi interrogativi. Che ebrei francesi paghino ancora una volta un tributo ai turbamenti che agitano la nostra comunità nazionale, raddoppia ancora la loro gravità. Noi rendiamo anche omaggio ai poliziotti morti nell’esercitare fino in fondo il loro servizio.

Invito i cattolici di Parigi a pregare il Signore per le vittime dei terroristi, per i loro coniugi, per i loro figli e le loro famiglie. Preghiamo anche per il nostro Paese: che la moderazione, la temperanza e la padronanza di sé di cui abbiamo dato prova finora siano confermate nelle settimane e nei mesi che verranno; che nessuno ceda al panico o all’odio; che nessuno ceda alla semplificazione di identificare alcuni fanatici con una religione intera. E preghiamo anche per i terroristi, affinché scoprano la verità del giudizio di Dio.

Domandiamo la grazia di essere artigiani di pace. Non bisogna mai disperare della pace, se si costruisce la giustizia.

+ Cardinale André VINGT-TROIS
Arcivescovo di Parigi

 

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