PER UNA CHIESA SINODALE (4) – Il Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) – Angelo Nocent

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IL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE

In prospettiva del rinnovo dei nostri Consigli Pastorali Parrocchiali (che sigleremo da ora con CPP) è opportuno a questo punto cercare di dare risposta ad alcune domande che possono nascere e che potremo sintetizzare così: che cosa sono e a che cosa servono? Questi due quesiti possono sembrare riduttivi ma a ben guardare dietro di essi ci stanno quegli interrogativi che molti di noi si pongono magari nel prendere in considerazione l’opportunità di offrire la propria disponibilità per farne parte.

1. Cos’è il Consiglio pastorale

Il CPP è uno degli strumenti con cui oggi la parrocchia cerca di realizzare la sua missione affinché ogni uomo possa incontrare Dio ed essere salvato da questo incontro.
In primo luogo il consiglio pastorale parrocchiale è quindi un organismo di comunione, perché la comunione con Dio e tra gli uomini è la finalità stessa della Chiesa. Nella comunione tutti i membri del consiglio pastorale parrocchiale mettono a disposizione i propri doni, la propria sensibilità , la propria esperienza di fede e il proprio vissuto, ciascuno rispondendo alla propria vocazione, ciascuno secondo la propria modalità, tutti condividendo la responsabilità della pastorale parrocchiale.

Esso è un luogo dove in modo significativo si può esercitare la corresponsabilità
sopra definita tra i pastori e i fedeli tutti ciascuno con l’impegno a un ascolto reciproco da un lato e di interventi competenti dall’altro secondo lo stile che ben si riassume nelle parole di LG 37 e che ha bisogno per realizzarsi di un’azione non timida o “servile” o “predominante” ma di una fiduciosa fraternità tra chi è portatore di doni diversi per il bene dell’unica Chiesa:

Secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa. Se occorre, lo facciano attraverso gli organi stabiliti a questo scopo dalla Chiesa, e sempre con verità, fortezza e prudenza, con rispetto e carità verso coloro che, per ragione del loro sacro ufficio, rappresentano Cristo. I laici, come tutti i fedeli, con cristiana obbedienza prontamente abbraccino ciò che i pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono in nome del loro magistero e della loro autorità nella Chiesa, seguendo in ciò l’esempio di Cristo, il quale con la sua obbedienza fino alla morte ha aperto a tutti gli uomini la via beata della libertà dei figli di Dio. Né tralascino di raccomandare a Dio con le preghiere i loro superiori, affinché, dovendo questi vegliare sopra le nostre anime come persone che ne dovranno rendere conto, lo facciano con gioia e non gemendo (cfr. Eb 13,17).

I pastori, da parte loro, riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e margine di azione, anzi li incoraggino perché intraprendano delle opere anche di propria iniziativa. Considerino attentamente e con paterno affetto in Cristo le iniziative, le richieste e i desideri proposti dai laici e, infine, rispettino e riconoscano quella giusta libertà, che a tutti compete nella città terrestre.

Da questi familiari rapporti tra i laici e i pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si afferma nei laici il senso della propria responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all’opera dei pastori. E questi, aiutati dall’esperienza dei laici , possono giudicare con più chiarezza e opportunità sia in cose spirituali che temporali; e così tutta la Chiesa, forte di tutti i suoi membri, compie con maggiore efficacia la sua missione per la vita del mondo.

Monte CremascoL’oggetto del consigliare

L’attività pastorale è la competenza essenziale del CPP, che si cura di promuovere, animare e verificare gli ambiti di vita della comunità cristiana (liturgia, catechesi e carità) nell’impegno e nella speranza di rendere presente l’azione di Dio e l’incontro degli uomini con lui in Cristo, per la salvezza. Poiché la Chiesa è “popolo di Dio che cammina nella storia”, per dare frutti ogni azione pastorale deve tener conto del contesto storico e territoriale in cui si colloca; ne consegue che i membri del Consiglio pastorale parrocchiale devono sforzarsi di discernere la realtà in cui vivono e consigliare alla luce della fede su ciò che è buono e bene
per tutta la comunità.

2. Cosa significa consigliare

Di fronte alla complessità della vita odierna, una comunità cristiana, attraverso gli organismi di partecipazione, si rafforza nella capacità di discernere, di orientare, di progettare, di verificare la vita pastorale della propria comunità. Tradizionalmente questo compito si attua, in questi organismi, nella forma del “consigliare”. Potrebbe sembrare poca cosa e limitante rispetto ad altri luoghi dove invece si vota e si decide secondo il criterio della maggioranza e minoranza. In realtà nella comunità cristiana non è questione di maggioranza o di minoranza, di vincere o di
perdere, ma di capire quello che il Signore vuole da noi perché è Lui il protagonista e il pastore che vogliamo ascoltare e seguire.

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Il consiglio è uno dei sette doni dello Spirito Santo che il cristiano riceve nel battesimo e nella cresima. Il consiglio accompagna così il credente maturo a mettersi in ascolto del Signore, a ragionare secondo i criteri della fede e alla luce del Vangelo per proporre orientamenti e scelte evangeliche. Per poter esercitare bene il compito di consigliare è importante che ci sia in ciascuno uno spirito di autentica sinodalità, ossia la capacità di camminare insieme e di cercare il bene più grande affinché il Vangelo sia annunciato a tutti. In un Consiglio pastorale diventa così importante la parola di tutti, in un rispetto ed una stima reciproca che diventa il primo segno tangibile della comunione evangelica.

3. Il discernimento

La Chiesa vive immersa in vicende storiche sempre nuove con cui deve confrontarsi per poter interpretare e applicare il Vangelo alle nuove situazioni. Esercitare il discernimento è uno dei compiti più importanti e delicati tra quelli che i membri del CPP devono assolvere. Il verbo latino discernere, da cui deriva il vocabolo italiano, ha almeno tre significati:

  • distinguere,
  • separare,
  • decidere.

Fare discernimento significa distinguere i segni dei tempi, cioè “i germi del Regno di Dio che crescono nella storia, gli eventi in cui si manifesta la Divina Provvidenza”. Oggi la complessità del vivere, spesso dominato da una babele di messaggi e di linguaggi, rende impegnativo separare le linee di tendenza prevalenti, talvolta ragionevoli sotto il profilo strettamente umano e a cui siamo fortemente spinti a uniformarci, dai segni dei tempi.

Attraverso il discernimento si deve poi decidere come attuare il Vangelo, cioè si deve progettare la pastorale. Il discernimento è un dono dello Spirito, ma lo Spirito ci parla attraverso le doti umane che il Signore ci ha donato, la capacità di entrare in relazione attraverso l’ascolto e l’incontro, la capacità di pensare e quella di valutare. Discernere, oggi come nell’esperienza della prima comunità, è possibile solo attraverso l’esercizio comunitario del discernimento, nella consapevolezza che Dio si serve di tutti per manifestare la sua volontà.

1-Monte Cremasco Chiesa e oratorio

4. Papa Francesco: tre attenzioni per chi vive il servizio nel Consiglio Pastorale

Incontrando i componenti dei diversi CPP della diocesi di Assisi, papa Francesco ha sottolineato tre attenzioni fondamentali per coloro che vivono il servizio del consiglio e della corresponsabilità all’interno dellerealtà parrocchiali.

• La prima cosa è ascoltare la Parola di Dio.

La Chiesa è questo: la comunità che ascolta con fede e con amore il Signore che parla. E’ la Parola di Dio che suscita la fede, la nutre, la rigenera. E’ la Parola di Dio che tocca i cuori, li converte a Dio e alla sua logica che è così diversa dalla nostra; è la Parola di Dio che rinnova continuamente le nostre comunità…
Penso che tutti possiamo migliorare un po’ su questo aspetto: diventare tutti più ascoltatori della Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole e più ricchi delle sue Parole. Penso al sacerdote, che ha il compito di predicare. Come può predicare se prima non ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato, nel silenzio, la Parola di Dio? Penso al papà e alla mamma, che sono i primi educatori: come possono educare se la loro coscienza non è illuminata dalla Parola di Dio, se il loro
modo di pensare e di agire non è guidato dalla Parola; quale esempio possono dare ai figli? E penso ai catechisti, a tutti gli educatori: se il loro cuore non è riscaldato dalla Parola, come possono riscaldare i cuori degli altri, dei bambini, dei giovani, degli adulti? Non basta leggere le Sacre Scritture, bisogna ascoltare Gesù che parla in esse! Si riceve e si trasmette. E’ lo Spirito di Dio che rende vive le Scritture, le fa comprendere in profondità, nel loro senso vero e pieno!
Chiediamoci:

Madonna delle Assi - Monte Cremasco

• Il secondo aspetto è quello del camminare
E’ una delle parole che preferisco quando penso al cristiano e alla Chiesa. Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un popolo in cammino, in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina in mezzo a noi! Qui penso ancora a voi preti, e lasciate che mi metta anch’io con voi. Che cosa c’è di più bello per noi se non camminare con il nostro popolo? Che cosa c’è di più bello? Lo ripeto spesso: camminare con il nostro popolo, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita perché nessuno rimanga troppo, troppo indietro, per tenerla unita, e anche per un’altra ragione: perché il popolo ha “fiuto”!

Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, ha il “sensus fidei”, che dicono i teologi. Che cosa c’è di più bello? Ma la cosa più importante è camminare insieme, collaborando, aiutandosi a vicenda; chiedersi scusa, riconoscere i propri sbagli e chiedere perdono, ma anche accettare le scuse degli altri perdonando – quanto è importante questo!
Quanto è importante camminare uniti, senza fughe in avanti, senza nostalgie del passato. E mentre si cammina si parla, ci si conosce, ci si racconta gli uni agli altri, si cresce nell’essere famiglia.

Monte Cremasco - Grest

• Il terzo aspetto è quello missionario: annunciare fino alle periferie.

L’importanza di uscire per andare incontro all’altro, nelle periferie, che sono luoghi, ma sono soprattutto persone in situazioni di vita speciale. Non abbiate paura di uscire e andare incontro a queste persone, a queste situazioni. Non lasciatevi bloccare da pregiudizi, da abitudini, rigidità mentali o pastorali, dal famoso “si è sempre fatto così!”.
Ma si può andare alle periferie solo se si porta la Parola di Dio nel cuore e si cammina con la Chiesa, come san Francesco. Altrimenti portiamo noi stessi, non la Parola di Dio, e questo non è buono, non serve a nessuno! Non siamo noi che salviamo il mondo: è proprio il Signore che lo salva! ( Papa Francesco, Assisi 4 ottobre 2013)

Madonna delle Assi - Monte Cremasco

DOMANDE – CONSIDERAZIONI – PROPOSTE

1. II nostro CPP è effettivamente espressione di comunione della nostra realtà parrocchiale, dove ogni suo membro mette a disposizione i propri doni, le proprie sensibilità, il proprio vissuto e la propria esperienza di fede?
2. Siamo convinti che il CPP sia espressione preziosa attraverso la quale ognuno possa rispondere alla propria vocazione, nella condivisione della responsabilità della pastorale parrocchiale?
3. come consideriamo e come viviamo la corresponsabilità nel cammino pastorale della nostra comunità, secondo i carismi e la vocazione che ognuno porta in sé?
4. Lo stile di corresponsabilità è fraterno, sinodale e costruttivo nell’intento comune di attuare la Parola che illumina e che salva?
5. Come CPP abbiamo uno sguardo ampio e una capacita comune nel discernere la realtà che viviamo nel nostro quartiere, nel nostro paese, in quelle che sono le necessita più grandi ed immediate della nostra parrocchia?
6. Come essere attenti affinché ciascuno, in base a quella che è la propria sensibilità, il proprio vissuto e il proprio cammino di fede possa dare il proprio contributo serenamente e liberamente, nell’ascolto attento e rispettoso di tutti?
Domande, considerazioni, proposte
7. Che valore diamo allo stile della sinodalità ? Che riverbero ha dentro di noi questa parola che spesso papa Francesco ci richiama come indispensabile per un cammino comunionale di Chiesa in uscita?
8. Un frutto importante dello stile sinodale è attraverso il discernimento personale e comunitario percepire “i germi del Regno di Dio che crescono nella storia, gli eventi in cui si manifesta la divina Provvidenza”. Come aiutarci affinché questo sguardo sia condiviso nella comunità e come viverlo nell’ambito della proposta pastorale?
9. Papa Francesco ci invita ad uno stile più fraterno, dove il perdono dato e ricevuto sono fondamentali. La nostra comunità è in cammino di crescita in questo oppure ancora prevalgono le divisioni, le tensioni e il non dialogo tra le persone e le realtà ecclesiali della nostra parrocchia?
10. Qualche volta anche noi ci rifugiamo nell’espressione “si è sempre fatto così”?
11. Raggiungiamo le periferie esistenziali della nostra comunità parrocchiale con “la Parola di Dio nel cuore” e camminando con tutta la Chiesa?