SE NON DIVENTERETE COME GUFI…Angelo Nocent

Oggi 21 ottobre 2017, prima di pranzo e con un sole tiepido, il gufo, qui, al mio paese, è passato di porta in porta per lasciare il periodico della Parrocchia, felice perché una buona volta si parla anche di lui.

Del gufo ho un bel ricordo perché, ogni anno, fino a tre anni fa, veniva d’estate a posarsi su un ramo di un albero di fronte alla mia casa e lì se ne stava incantato a godersi il sole in faccia. Ed io, a guardare lui. Poi un giorno l’albero è stato tagliato e così non s’è più fatto vedere.

Non so come la gente l’avrà accolto, certamente con gli occhi sgranati…

E’ passato anche da casa mia e, con somma commozione, sfogliando UN POPOLO IN CAMMINO, ho trovato e subito letto la storia di Giulia Gabrieli, un’ adolescente  CRESIMANDA che, neanche a farlo apposta, veniva a confermare che anche lei, con i suoi occhioni dolci, riusciva a vedeva nel buio pesto della malattia…

I GRANDO OCCHI DI GIULIA GABRIELI – Angelo Nocent

SE NON DIVENTERETE COME GUFI... – Angelo Nocent

Chi più chi meno, ci si rende conto che qui sulla terra, non solo siamo pellegrini, ma pellegrini nella notte. E, pur con le gambe buone, se dentro c’è buio pesto, la tentazione della resa è forte.

Per tanti l’esistenza scorre nell’ombra della notte. La fede ci illumina, come una fiamma che squarcia il buio, ma nemmeno la fede, se non è adesione completa al Signore Gesù, può mutare la notte in giorno. La Parola e l’Eucarestia sono per noi pane di vita in cui è nascosta la ragione della nostra fede. Ricevendo quel nutrimento, la alimentiamo. Ma è pur sempre un camminare sotto un cielo coperto, nell’attesa di vedere il Suo Volto. S. Tommaso d’Aquino: “Sulla croce era nascosta la sola divinità, / ma qui (Eucaristia] è celata anche l’umanità”.

Chi avrebbe potuto mai immaginare che Madre Teresa di Calcutta, incrollabile esempio di fede e dedizione a Dio e al prossimo, abbia in realtà passato la maggior parte del suo tempo in terra in quella che lei definisce “la notte oscura”? Ma è successo e lo abbiamo saputo solo dopo la sua morte.

Nel 1955 scriveva: “Dentro di me è tutto gelido. È soltanto la fede cieca che mi trasporta, perché in verità tutto è oscurità per me”.

Nel 1956: “A volte l’agonia della desolazione è così grande e nel contempo il vivo desiderio dell’Assente è così profondo, che l’unica preghiera che riesco ancora a recitare è “Sacro Cuore di Gesù, confido in te”.

Nel 1957: “Voglio sorridere perfino a Gesù, così da nascondere, se possibile, il dolore e l’oscurità della mia anima anche a Lui”.

Nel 1958: “Il desiderio vivo di Dio è terribilmente doloroso e tuttavia l’oscurità sta diventando sempre più grande. Quale contraddizione vi è nella mia anima!”.

Nel 1962: “Ogni volta in cui volevo dire la verità – e cioè che io non ho fede – le parole proprio non uscivano, la mia bocca restava serrata e continuavo a sorridere a Dio e a tutti”. Non una crisi passeggera la sua ma una condizione perenne di oscurità che le permise di comprendere un infinitesimo del dolore, non solo fisico, patito da Gesù qui in terra.

Nel 1962 trovava la forza di scriveva alle sorelle: “Credi in Lui, abbi fede in Lui con cieca e assoluta fiducia perché Lui è Gesù. Credi che Gesù, e soltanto Lui, è la vita; e che la santità non è altro se non lo stesso Gesù che vive intimamente in te”.

Ma c’è una donna forte che sa stare ritta ai piedi della croce, che non ha bisogno di vedere per credere, che resiste, persevera nella fede, anche quando sembra tutto finito, tutto perduto, donna che attende, che sa vedere oltre il buio, che sa vedere l’alba dentro un tramonto: è la SANTA MARIA DEL SABATO SANTO. Come fa? Ho carpito il segreto: è solo questione di occhi. Del resto, è scritto nel Vangelo di Matteo: ”«In verità vi dico: se non diventerete come i gufi, non entrerete nel regno dei cieli.” (18,1-5).

No, non è una bufala ma semplicemente l’evocazione del detto di Gesù che parla di bambini. E ora vi dico da dove salta fuori questa storia del gufo: “Mi trovavo un giorno – scrive Louis Albert Lassus – in un celebre monastero benedettino. Ebbi l’incredibile audacia di dire, di fronte alla comunità riunita (un ‘impressionante e dignitosa massa nera): “Miei padri, se non diventerete come gufi non entrerete nel Regno … “. Ci fu un momento di silenzioso stupore. Poi vidi i volti di quei cercatori di Dio ridere come stelle in inverno. Sapevano che avevo ragione. Non sono mai più tornato in quel monastero: a cosa servirebbe? Non ho più niente da dire dal momento che tutti hanno capito che il cammino era chiaramente quello: diventare uomini dagli occhi immensi”.

Avete in mente il Cap. 2 del libro della Genesi che racconta la creazione di Eva? Dio fa scendere un torpore sopra Adamo. Adamo non vede la nascita di Eva dalla sua costola. Adamo non vede Dio all’opera. Mentre Dio agisce, Adamo dorme.

Per riportarci a noi, potremmo dire che le realtà più importanti della vita nascono nel nascondimento. Noi non vediamo Dio all’opera. Anzi, l’impressione è che sia proprio assente. Ma nella Scrittura lo troviamo essenziale: momento notturno è la Pasqua. Questo passaggio decisivo avviene in una notte, la notte dell’abbandono, del silenzio, dell’eclissi di Dio.

Lo Spirito del Signore oggi è qui a dirci di non temere la notte perché è luogo privilegiato in cui Dio agisce. Forse chi la sta vivendo e la sente fin nelle viscere, scuote il capo: “Si, sì, ci credo ma non ci spero”. Perché l’inclinazione a disperare, questa è la grande tentazione. E la speranza non non è ottimismo, né ci nasconde la tragicità della vita. Epperò, continuare a credere, nonostante tutto, è anche l’ambito più vero in cui si può incontrare Dio stesso. Nella notte della crisi, quella che sembra non avere fine perché non si riesce a venirne a capo, proprio in questa nostra notte tenebrosa il Signore si fa trovare sorprendentemente vicino. E’ parola di santi.

Ma, per vedere nella notte, occorre avere “occhi di gufo”. Lo dicevo a un mio amico: “Sai come sono? Non occhietti stretti, assonnati, cisposi, semichiusi…ma grandi, spalancati…Vedi, Dio ha fatto ai gufi e alle civette occhi così enormi perché vedano nella notte”. E gli suggerivo un passa-parola: “Agli amici che incontrerai dì loro che per scrutare le tenebre del momento che si va attraversando, bisogna avere occhi smisurati, gli occhi di Dio stesso. Sai Luigi, se vediamo la realtà con i Suoi occhi, qui succede il miracolo: la notte diventa luce. E scatta lo stupore pasquale, la meraviglia che il celebrante canta nel preconio: “O Notte veramente beata…O colpa felice!”. Capisci? La Chiesa, che è madre, arriva a definire “beata” la colpa di Adamo, perché essa portò agli uomini Gesù Redentore. E se qualcuno ti chiederà dove hai letto la storia del gufo, rispondi che l’hai trovata nel Vangelo. Perché i “bambini” di cui parla, hanno occhi di gufo: semplicemente vedono tutto e su tutto riflettono, ragionano, chiedono spiegazione, s’informano, tormentano, rompono, vogliono sapere…Proprio come ci vuole il Maestro: uomini dagli occhi immensi.

Di’ loro, inoltre, di non sperare soltanto in qualcosa ma in Qualcuno: occhi nuovi, cuore nuovo, vita nuova, passione, rischio, lucidità, pizzico di follia…”

Penso agli occhi di gufo del Card. Martini: ”Mi sono riappacificato con l’idea di morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremo mai a fare un atto di piena fiducia. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre un’uscita di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio”.

“Occhio, Luigi! “Se non diventerete come gufi...” non è una barzelletta ma parola di Dio. Credimi, nel momento del buio, nelle notti della fede, nei suoi silenzi, nelle apparenti sconfitte, nell’esperienza dell’abbandono, non ci resta che fidarci fino in fondo del suo disegno.”

Recentemente in paese circolava un volantino: “POVERI DI TUTTO MA RICCHI DI LUI”- TU è il nome di Dio che trasforma le nostre tenebre in luce: IO SONO TU CHE MI FAI.