A Natale in quegli occhi Maria già intravedeva il Calvario ma anche un’alba di Risurrezione.
CONTEMPLAZIONE
- Il disagio dei primi credenti
- nella veglia del Sabato Santo
- è lo stesso che prova anche ora
- la tua Chiesa dispersa, Signore.
- La tua morte, il silenzio di tomba
- ci sgomenta, ci mette paura;
- noi leggiamo il silenzio di Dio
- come fine di ogni speranza.
- I due terzi del mondo è di oppressi,
- c’è chi muore di fame e di sete,
- i potenti trionfano ancora,
- per i miti c’è solo disprezzo.
- A che giova fermarsi a guardare
- i confusi cristiani di allora?
- Non è forse un “cercare tra i morti” (Lc.24,2-6.22-23)
- quella luce del Cristo Risorto?
- Pellegrini nel Sabato Santo
- aneliamo ad un solo traguardo:
- la Domenica senza tramonto
- che il Signore dischiude alla fine.
- Una sosta per fare memoria
- di smarriti discepoli allora,
- ai credenti sbandati di oggi
- converrebbe per prendere fiato.
- Il cristiano interpelli Maria:
- come vive il suo “Sabato Santo”,
- il suo dramma di donna credente
- da un abisso d’immenso dolore?
- La Madonna si fida, è sicura,
- Lei rimane la “Virgo fidelis”.
- Ha qualcosa da dirci anche ora
- sul passaggio tra fede e Mistero.
- I discepoli, morto il Signore,
- sono muti, sorpresi, smarriti;
- la memoria ha un vuoto profondo:
- non ricordano più le promesse.
- Come “stolti e tardi di cuore”, (Lc.24,25)
- nel Cenacolo stanno rinchiusi
- perché in preda a una grande paura.
- Eppur sanno che il Rabbi è risorto.
- C’è chi accoglie la “buona notizia”
- del Signore Risorto, anche oggi,
- ma il rigetto, la crisi di dubbio,
- sono parte di noi che crediamo.
- Se il Signore Gesù, crocifisso,
- vive già nella gloria del Padre,
- l’evidenza permane velata,
- si contempla con sguardo di fede.
- Per accogliere il dono promesso,
- per aprirci alle Sacre Scritture, (Lc.24,43)
- e sperare “contr’ogni speranza”, (Rom.8,24)
- c’è d’esempio la Madre anche ora.
- In quel Venerdì Santo di lutto,
- “Con sé prese Giovanni, Maria”,(Gv.19,27)
- nel suo cuore e nella sua casa,
- con Lei visse il Sabato Santo.
- Pur travolta da immenso dolore,
- sotto il Figlio pendente dal Legno,
- è rimasta in silenzio adorante,
- lunga veglia d’attesa fidente.
- In silenzio rimane anche quando
- viene posto Gesù nel sepolcro,
- da quel “buio su tutta la terra” (Mc.15,33)
- al “mattino del giorno di Pasqua”. (Mc.16,2)
- Lei è donna di fede assoluta,
- crede proprio ai disegni di Dio,
- perché sa che il Signore è fedele
- e consola in ogni sventura.
- Come può consolare la fede?
- Percependo la gloria di Dio,
- manifesta nei gesti del Padre:
- è per grazia di Spirito Santo.
- Evidente è il dolore del mondo;
- il morire, ci pesa sul cuore.
- Ma è lampante la “gloria di Dio”
- che possiamo vedere per dono.
- La Sua luce è talmente splendente
- che raggiunge anche i più tenebrosi
- labirinti del vivere umano,
- rivelandoci i provvidi gesti.
- Dio consola anche oggi ogni uomo.
- Il credente, se osserva Maria,
- percepisce da chi è consolata
- nella mente ed anche nel cuore.
- E’ un mosaico la Sacra Scrittura.
- Dio consola la mente dell’uomo
- con i gesti e la Santa Parola,
- messi l’uno a confronto con l’altra.
- L’armonioso disegno convince
- se la mente si lascia inondare
- dalla luce che sprizza ogni pietra
- sotto gli occhi dell’uomo di fede.
- Intuire in un unico sguardo
- la ricchezza armoniosa del “credo”,
- è quel dono che fa presagire
- ed entrare nel piano di Dio.
- Se la mente s’inonda di luce,
- anche il cuore dilata e straripa
- in perenne ardente preghiera:
- quel “ripetersi dentro ogni cosa”. (Lc.2,19 – Lc.2,51)
- Percepire la gloria di Dio
- è poterci fidare di Lui
- ed amarlo nel greve silenzio,
- anche quando sembriamo sconfitti.
- Ogni giusto ha la sua primavera.
- Ma germoglia, fiorisce, profuma,
- accettando, paziente, il morire
- nel silenzio fecondo di Dio.
- Tu per prima hai posato i tuoi occhi
- sul Dio nudo, vestito di carne;
- l’hai avvolto con tenero sguardo
- prima ancora di metterlo in fasce.
- Il Neonato è un agnello tremante
- che ha bisogno di tenero affetto,
- di sentire la madre vicina,
- di posare il suo capo sul cuore.
- Il tuo labbro di madre stupita
- la Sua pelle ha travolto di baci
- e coperto di dolci carezze
- quel Bambino-Prodigio-di-Dio.
- Il Suo arrivo da secoli atteso,
- annunciato dai santi profeti
- e spiato dai tempi remoti,
- non fu visto dai suoi patriarchi.
- Nelle notti d’inverno i pastori,
- chiacchierando e soffiando sul fuoco,
- si trovavano spesso a parlare
- di Colui che sarebbe venuto.
- Primavere trascorse dai padri
- a spiare le stelle coi figli
- e cullarli con dolci cadenze
- di famose antiche elegie:
- “Squarcia i cieli e discendi, Signore!…”
- E alle nubi: “Pioveteci il Giusto!…”
- Poi chiudevano gl’occhi spossati
- e, talvolta, perfino delusi.
- Le sognanti ragazze di Sion,
- profumate di ingenui presagi,
- avanzavano ipotesi arcane
- di materne visioni, deluse.
- Si può dire che gli occhi di tutti,
- dai vegliardi, giù giù fino ai bimbi,
- anelassero il Volto Divino,
- supplicato, implorato dai Padri.
- Occhi stanchi, delusi, protesi,
- angosciati, avviliti o già spenti,
- malinconici, splendidi, accesi…
- Occhi mai esauditi dal Cielo.
- Sei la prima a vedere, Maria,
- l’attesissimo volto di Dio;
- Tu, puerpera, tremi d’amore
- e riassumi gli sguardi di tutti.
- Si concentrano nelle pupille
- le tensioni di tutto Israele,
- si riaccende la lunga catena
- degli sguardi mai prima esauditi.
- D’altra parte chi avrebbe potuto
- fare degna accoglienza a quel Figlio,
- concepito e voluto dal Padre,
- se non occhi purissimi e casti?
- Dopo te, il privilegio è toccato
- a Giuseppe, il legittimo sposo;
- lo vedranno i pastori e la gente…
- Morirà Simeone felice.
- Sei la prima ad aver contemplato
- quella carne di Dio che hai tessuto;
- ma sei anche colei che per prima
- Dio ha visto con gli occhi di carne.
- Ora noi lo vediamo per fede
- e con tanta fatica ogni giorno.
- Forse abbiamo lo sguardo proteso
- verso volti che sono miraggi.
- Sei la prima che fissa negli occhi
- ogni bimbo che viene alla luce
- per imprimergli nelle pupille
- nostalgia di quel Viso radioso.
- Grazie, Amica dei nostri Natali.
- Per poterti occupare di noi,
- hai cullato, cresciuto il Bambino
- e subìto strazianti dolori.
- Grazie, Madre, dal tenero sguardo,
- per avere accettato di farlo.
- E’ più facile ora l’attesa
- del mattino radioso di Pasqua.
- (Angelo Nocent)