Frugando nell’archivio residuo di un vecchio blog andato al macero, ho rinvenuto un’aspirazione del cuore forse un po’ troppo ambiziosa, per non dire presuntuosa.
GLOBULI ROSSI PICCOLI CARDINALI
Parafrasando Papa Benedetto, avevo scritto:
“Entrando a far parte del Collegio dei Cardinali, [della COMPAGNIA DEI GLOBULI ROSSI] il Signore vi chiede e vi affida il servizio dell’amore:
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amore per Dio,
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amore per la sua Chiesa,
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amore per i fratelli con una dedizione massima ed incondizionata, usque ad sanguinis effusionem, come recita la formula per l’imposizione della berretta e come mostra il colore rosso degli abiti che indossate”. (Benedetto XVI)
Oggi sono qui a sottoscrivere nuovamente il mandato ricevuto nel giorno della CRESIMA.
Probabilmente allora ero stato suggestionato dal vescovo IGNAZIO DI ANTIOCHIA, che al martirio aspirava senza mezzi termini:
“D’un’altra cosa poi si raccomandava, scrivendo particolarmente ai cristiani di Roma: di non intervenire in suo favore e di non tentare neppure di salvarlo dal martirio.
“Io guadagnerei un tanto – scriveva – se fossi in faccia alle belve, che mi aspettano. Spero di trovarle ben disposte. Le accarezzerei, anzi, perché mi divorassero d’un tratto, e non facessero come a certuni, che han timore di toccarli: se manifestassero queste intenzioni, io le forzerei “.
E a chi s’illudeva di poterlo liberare, implorava: ” Voi non perdete nulla, ed io perdo Iddio, se riesco a salvarmi. Mai più mi capiterà una simile ventura per riunirmi a Lui. Lasciatemi dunque immolare, ora che l’altare è pronto! Uniti tutti nel coro della carità, cantate: Dio s’è degnato di mandare dall’Oriente in Occidente il Vescovo di Siria! “.
Infine prorompeva in una di quelle immagini che sono rimaste famose nella storia dei Martiri: ” Lasciatemi essere il nutrimento delle belve, dalle quali mi sarà dato di godere Dio. Io sono frumento di Dio. Bisogna che sia macinato dai denti delle belve, affinché sia trovato puro pane di Cristo “.
E, giunto a Roma, nell’anno 107, il Vescovo di Antiochia fu veramente “macinato ” dalle innocenti belve del Circo, per le quali il Martire trovò espressioni di una insolita tenerezza e poesia: “Accarezzatele, scriveva infatti, affinché siano la mia tomba e non faccian restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno “.
Ricordate?
“Scrupoli e malinconia, fuori da casa mia !“
In realtà, mi aveva colpito questa immagine di SAN FILIPPO NERI, il prete che aveva radunato attorno a sé un gruppo di ragazzi di strada, avvicinandoli alle celebrazioni liturgiche e facendoli divertire, cantando e giocando senza distinzioni tra maschi e femmine, in quello che sarebbe, in seguito, divenuto l’Oratorio e che sarebbe anche diventato cardinale.
Spesso si dimentica che nello stesso periodo, si occupò degli infermi, abbandonati a sé stessi o affidati a pochi volontari, negli ospedali di San Giovanni e Santo Spirito nonché dei poveri nella confraternita della Carità, istituita da papa Clemente VII e nell’oratorio del Divino Amore.
E poi, essendosi fatto sempre più intenso il suo apostolato nei confronti dei bisognosi, tanti dei quali costretti a dormire in rifugi di fortuna, decise su consiglio di Persiano Rosa, suo padre spirituale, di fondare la cosiddetta Confraternita della Trinità, creata appunto per accogliere e curare viandanti, pellegrini e povera gente dei borghi romani.
Nella sua biografia c’è un aneddoto significativo che fa bene al cuore:
“Secondo la tradizione nel 1544, e precisamente nel giorno della Pentecoste, in preghiera presso le catacombe si San Sebastiano, Filippo Neri fu preda di uno straordinario avvenimento (secondo il santo un’effusione di Spirito Santo) che gli causò una dilatazione del cuore e delle costole, evento scientificamente attestato dai medici dopo la sua morte. Molti testimonieranno di aver visto spesso il cuore tremargli nel petto e che, a contatto con esso, si avvertiva uno strano calore“.
Nel nostro piccolo, cosa possiamo fare ?
Ognuno chieda allo Spirito Santo la dilatazione del cuore e della fantasia. E domandi anche “occhi di gufo” per vedere nel buio della notte.
Catacombe di San Sebastiano
Giovanni Paolo II e il Card. Bergoglio