QUANDO SUBENTRA IL CALO DEL DESIDERIO – Angelo Nocent

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Il fedelissimo verbo “desiderare” che non ci abbandona mai, viene da molto lontano ed il suo significato l’ho scoperto solo adesso: de-sidera-re contiene “sidera” che in latino significa stelle, astri. Il “de” è la preposizione che indica un moto dall’alto in basso. Il suo significato, quindi, è quello di “trarre auspici dal cielo“. Ma a noi, per il momento, è stata risparmiata la fatica di dover tirare tanto il collo per osservare la volta celeste, perché il Cielo si è abbassato di molto e l’Astro, che si chiama VANGELO, non solo è a portata di mano ma perfino in grado di soddisfare i nostri desideri più veri e segreti. 

1-Dolto Psicanalisi del vangeloMa più che interrogarlo, come s’è fatto nei secoli con le stelle, col Vangelo si verifica il contrario. E lo dice Françoise Dolto, la celebre psicanalista cattolica francese: “Mai i vangeli smettono di interrogarci, quali che siano le risposte già trovate. E lei, in libri di successo come , “PICANALISI DEL VANGELO” e LIBERTA’ DI AMARE” , ci ha offerto la sua straordinaria “risposta” a “questi testi, queste successioni di parole”, che “colpiscono la nostra conoscenza e inviano onde d’urto fin nell’inconscio, facendone scaturire gioia e desiderio di conoscere”. 

Mi sovviene la pagina dell’incontro dell’emorroissa con Gesù che è spinto e urtato da tutte le parti. Molti volevano toccarlo,ma una sola persona proiettava su di lui il suo “desiderio”. Soltanto da essa è stato toccato. Il seguito è noto.

1-Scan10063Sul precedente numero ci siamo lasciati con gli occhi posati sulla EVANGELII GAUDIUM, “La gioia del Vangelo”, l’esortazione apostolica di Papa Francesco. Si noti bene: “esortazione apostolica”. Un documento da prendere in seria considerazione perchési tratta di un testo che contiene un disegno ed è frutto di una maturazione durata anni, se non decenni, non solo di riflessione, ma anche (e soprattutto) di esperienza pastorale di un sacerdote di nome Jorge Mario Bergoglio, nato a Buenos Aires. Oggi è il successore di Pietro, chiamato ad essere il Vescovo di Roma da un paese lontano, l’Argentina. A fare cosa? E’ nel titolo: a diffondere alla Città e al Mondo (urbi et orbi) “la gioia del Vangelo”. 

Dal 26 Novembre al Centro Parrocchiale è ripreso l’incontro settimanale delle ore 21 di ogni mercoledì, aperto a tutti, per una riflessione dialogata in preparazione al Vangelo della Domenica. Il presbitero, Don Roberto e la comunità parrocchiale si mettono in ascolto di ciò che lo Spirito di Gesù vuol dire alla Chiesa che è in Monte Cremasco. Così vivisezionano la pagina, analizzano il testo, si confrontano e si pongono domande esistenziali. 

Quella prima sera ci siamo soffermati in particolar modo su un verbo: “Vigilate!” che si trova in Marco, 13,33 dove si parla della fine dei tempi. In latino suona chiaro: “Videte, vigilate et orate”- “Fate attenzione, rimanete svegli, perché non sapete quando sarà il momento decisivo ”, ossia: “non sapete quando il padrone di casa ritornerà”. Come attualizzare l’imperativo? Pregare va certamente bene, ma bisogna usare anche la vista e l’olfatto. Ossia fiutare, leggere “i segni dei tempi”. 

Quel “vigilate”, don Roberto ha provato a dirlo in cremasco in tanti modi, ma non li so riportare; qualche altro, in siciliano, in napoletano e calabrese… peggio che andar di notte. In milanese suonerebbe così: “Ma vialter stì reguardaa!”, ossia “Ma voi badate a voi stessi”, una specie di “si salvi chi puo!”. 

Ai milanesi Marco direbbe: “Stì attent, vigilé, perchè savii nò quand el sarà el momen preccis. A l’è come vun che l’è partii per on viagg dòpo d’avè lassaa la soa cà e d’avèghen daa el manégg in di man di serv, a ciaschedun el so dover, e d’avègh ordinaa al guardian de la pòrta de sorveglià. Sorveglì donca,vist che savii nò quand el tornerà el padron de cà, se la sira, ò amezzanòtt, ò al cant del gall, ò a la mattina, perchè el vegna no a l’improvovvisa e el ve troeuva nò indormentaa. Quell che disi a vialter, gh’el disi a tutti: Vigilé! 

Io che sono friulano non sono intervenuto, nel timore di parlare arabo. Ma, più che commentare la pagina evangelica, qui mi premeva di riportare la mia personale impressione su questa iniziativa: è lodevole, lodevolissima. Ma, sento mancare una cosa importante che mi rattrista. Avete in mente lo sguardo di un bambino davanti alla vaschetta di gelato sul tavolo? La sua salivazione aumenta, lo fissa, lo mangia con gli occhi prima ancora di averlo nella sua tazza. E’ l’effetto del desiderio. 

Ho notato che anche adesso come nei mercoledì sera passati, davanti alla “BELLA NOTIZIA” che è il Vangelo di Gesù, lui Parola eterna, adesso carne della nostra carne, mancano gli occhi stupiti, innamorati, pieni di desiderio, di ragazze e ragazzi intelligenti, istruiti, pieni di energia, curiosi, critici, potenzialmente capaci di grandi cose. Li vorrei lì, di fronte a me, incantati, affascinati dalle parole del Maestro. Vorrei che la loro presenza mi fosse d’incoraggiamento sull’imbrunire della vita, occasione per un passaggio del testimone.

E potrebbero anche chiedermi com’è stato il cammino lungo questi anni, per me pieni di luce, “formidabili”, come direbbe il combattivo Mario Capanna del movimento studentesco della nostra giovinezza, ma anche con tante ombre. Apparteniamo alla generazione che il Concilio Vaticano II lo ha seguito, giorno dopo giorno, con trepidazione, tra entusiasmi, attese, delusioni e frustrazioni…Ma con chi discorrere se quell’Assise Pentecostale lascia indifferenti? 

E sento l’eco della voce stimolante di Papa Francesco che però mi sembra svanire nel nulla: 

  • – “non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario” (n. 80);
  • -“non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione”(n.83)
  • – “non lasciamoci rubare la comunità” (n. 92);
  • – “non lasciamoci rubare il Vangelo” (n. 97).

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Noi di una certa età, possiamo offrire i nostri acciacchi, le pene segrete del cuore, perché il Suo Regno venga anche in terra come in cielo, ma il campo, la vigna del Signore, ha bisogno anche di intelligenze fresche, di braccia generose, di “contemplativi nell’azione”. Ragazzi, non mandateci in avanscoperta con i tanti nostri limiti. Precedeteci invece e saremo lieti di seguirvi e persino comprensivi per le vostre fragilità. Non avete nulla da perdere, solo da guadagnare. 

La prima tentazione di chi attende a lungo, è proprio quella della noia e della stanchezza che uccidono la vigilanza dello spirito e provocano il “calo del desiderio”. Al contrario, il tempo dell’attesa vigile diventa il tempo dell’azione, in cui al discepolo è stato affidato lo stesso “potere” di Cristo, a ciascuno secondo la propria mansione. Ragazzi cresimati, questo potere lo avete messo al sicuro sotto terra? Disseppellire, disseppellire i “carismi”! Perché questa è l’ora dello Spirito: “Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (Gioele 3,1) (At 2,16-21).

Nell’assenza del Signore, ora tutto è affidato alla nostra responsabilità attiva. In questo modo il tempo vuoto dell’attesa si riempie di contenuto, e diventa “storia” concreta, che l’uomo deve ormai gestire in prima persona, in totale responsabilità e fedeltà alla Parola, che il Signore ci ha lasciato. 

Isaia 2

Ricordate? “”La Parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Isaia 55,1-11). Giovani o adulti, lo starsene in disparte, nei propri circuiti ristretti, può portare progressivamente al “male oscuro” della vita senza senso. E poi l’incolpato sarà sempre Lui, il Crocifisso Risorto, perché non vede, non sente, non ascolta…E si farà avanti il sospetto che Lui non esiste se non nella fantasia malata dei soliti bigotti. Di recente me lo hanno lasciato scritto su facebook. 

Penso che ogni giorno sia il giorno della Sua presenta e della Sua venuta; e che la sera, la mezzanotte, il canto del gallo, il mattino – cioè tutti i momenti faticosi della veglia operosa nell’oscurità del male – siano per noi i momenti concreti della Sua venuta. Quel “già e non ancòra” in cui ci troviamo proiettati verso l’ottavo giorno che non avrà fine.

Le mie prime parole, al risveglio, sono: “Buon giorno, Spirito Santo” (comprensivo del Padre e del Figlio). Segue poi il segno della Croce che mi richiama il “sacerdozio battesimale” ed è la mia benedizione sul mondo, a cominciare dal nostro paese. Nell’assenza “visiva” del Crocifisso Risorto, il Vivente tra noi, un invito alla vigilanza attenta” e alla fedeltà responsabile”.   

1-Sentinelle del Mattino Corso base Elba2008-0011-risveglio