IL SERVO DI DIO DON GIUSSANI – Angelo Nocent

LA TOMBA – VIDEO
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22 Febbraio 2005 – 22 Febbraio 2007

“Don Luigi Giussano, ottantadue anni, e’ morto ieri dopo giorni di agonia. In un momento di tregua ha chiesto gli si avvicinassero, uno alla volta, i volti degli amici. Io ho conosciuto quello sguardo. Era il suo modo unico di vedere Cristo. Ci ha giocato la vita su questo: Gesù non è un fantasma sopra le nuvole, non è un fatto del passato, ma è una presenza adesso. Adesso però dove sei tu, don Gius? Manchi già così tanto. Ce l’hai detto e spiegato tutta la vita, che la morte e il male sono impotenti. Ma li vorremmo ancora meno potenti, vorremmo che le loro grinfie sparissero. Invece ti hanno portato via. Non si sa più che cos’è la vita, senza i tuoi occhi di padre.

C’era il rombo delle auto che correvano e cento metri dal suo appartamento in una zona senza grazia, ma lui si commuoveva per quegli uomini che correvano in auto e camion, e desideravano la felicità. Guardava quelle scatole a volte veloci, più spesso ingorgate, dalla finestre del quarto piano. Qualche metro sopra la sua testa c’era e c’è un immenso cartellone luminoso con la réclame di una banca, i cui riflessi al neon ipnotizzavano i gabbiani raminghi. Quello era il suo monastero nel cuore del mondo, senza fuga, neanche nelle ore estreme.


Quegli uomini inscatolati e un po’ impagliati siamo noi: percorriamo la tangenziale, e la massima speranza è che non ci sia la coda. Vuoti e impagliati, ci ha definiti il Poeta. Eppure egli vedeva oltre la paglia, sapeva che la desideriamo la felicità. La desideriamo ancora, ma adesso che non ci sei tu, don Gius, chi ce lo farà sapere ora? Chi ci dirà che la risposta all’angoscia non è dispersa nel vento, ma c’è, ed è la misericordia? Non è una filosofia, una morale, ma una compagnia di uomini che bevono il caffè, e hanno il cuore travolto dall’Infinito.

Sulla sua porta, anche adesso che è morto, non c’è scritto: chiuso per lutto. Adesso questo tocca imparare da lui: il lavoro ci fa somigliare a Dio, l’Eterno lavoratore: su, all’opera, ciascuno “testimoni Cristo adoperando gli attrezzi della propria professione. Fosse quella di essere ammalati, incurabili, in un letto“.

Me lo disse, nel 1993, dopo una difficile operazione chirurgica.
Gli occhi verde azzurri allora, ma anche prima, e poi fino all’ultimo, quando era immobile e scricchiolavano le sue povere ossa, circondavano e amavano la nostra segreta essenza.
Dio guarda così.”
(Renato Farina, da “Maestri”, 2007)

Così rileggo queste parole, rivedo quello sguardo che si è posato anche su di me, e mi ha travolto la vita.
Me la travolge ancora.
Tanto gli devo.
Il prezzo della vita.

Perché “Dio non toglie se non per restituire”.
E anche questo l’ho imparato da lui.

(Franca Negri)